Ph. Xavier Hall, Le ombre del passato -
Tratto crudelmente il mio dolore
per paura che tu faccia lo stesso.
Rabindranath Tagore
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 2,13-15.19-23)
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Mi lascio ispirare
Difficile immaginare l’umanità dei grandi personaggi. Difficile immaginare la loro storia di salvezza. Eppure anche per quell’uomo giusto la prima e istintiva reazione all’incarnazione era stata quella di ripudiare Maria in segreto. Quella di ritrarsi, di chiamarsi fuori. Dal rapporto con Maria e col bambino. Dalla legge, trovando un espediente che evitasse la lapidazione a lei e la trasgressione a lui. E forse persino dalla realtà, dato il numero di sogni che Dio userà per incontrarlo e per fargli ritrovare se stesso.
Ma oggi ci troviamo davanti a un Giuseppe “convertito” dall’impulso alla fuga. Un Giuseppe che non desidera più scappare e che teme la possibilità di essere invaso di nuovo da quell’istinto. Forse lo si può immaginare cullare quel bambino beato, o contemplare quella vergine gloriosa, e intanto rammentare, tormentandosi, quella sua antica reazione. Un Giuseppe pieno di grazia, che tuttavia ricorda e non si perdona. Perciò la fuga in Egitto risuona come qualcosa di oscuro: Dio che chiede una fuga a un uomo che rifugge la sua stessa debolezza di fuggire.
Dio oggi ci chiede di portare suo figlio, ciò che la grazia ha generato in noi, nei luoghi d’Egitto della nostra anima. Nei luoghi di noi stessi e della nostra storia che vorremmo cancellare, che non possiamo perdonare. Luoghi che, semplicemente facendo parte di noi, ci addolorano e ci annientano.
Gesù rivela la delicatezza con cui Dio tocca il nostro dolore: mentre Erode prende la situazione in mano causando uno sterminio, Gesù si mette nelle mani, chiedendo di essere portato proprio là, in Egitto.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è il mio Egitto, quel luogo di debolezza dentro di me, che non perdono e vorrei cancellare, perché la sua esistenza mi ferisce?
Cosa si prova entrando in Egitto con in braccio Gesù?
Cosa prova Gesù nel mettersi nelle mie mani?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
29
Dicembre
2019
Nelle mani
commento di Mt 2,13-15.19-23, a cura di Elena Benini