Ph. Martina Pampagnin -
Siamo nati e non moriremo mai più.
Chiara Corbella Petrillo
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 20,27-38)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Mi lascio ispirare
Per dimostrare che non esiste la resurrezione, i sadducei chiedono a Gesù ragione delle contraddizioni che la legge di Mosè porterebbe ad una eventuale vita dell’aldilà. Se però ci mettiamo in ascolto attento dei loro ragionamenti, ci rendiamo conto che gli interlocutori di Gesù effettuano due operazioni: primo, immaginano la resurrezione come un ritornare alla condizione terrena, a una vita che muore e che quindi è vissuta in vista della morte; secondo, la loro storia mette in relazione due realtà, la morte e l’assenza di figli, rivelando il problema principale: si dimenticano cosa vuol dire vivere da figli di Dio.
Interrogarsi sulla vita eterna vuol dire chiederci come viviamo qui e ora. Per questo Gesù ribadisce e precisa, con grande finezza, la differenza tra i figli di questo mondo e i figli della resurrezione (i figli di Dio): i primi hanno come orizzonte la morte e per questo si preoccupano di prendere moglie e marito, di assicurarsi un avvenire, una discendenza, come se tutto dipendesse dalle loro scelte e dalla fedeltà ad una legge; i secondi, invece, hanno come orizzonte la vita in Dio e attraverso le scelte concrete di ogni giorno sono chiamati a vivere sapendo che non possono più morire, che la vita è quella che si riceve da Dio, ogni giorno e per l’eternità, che la vita è vivere da figli!
Aiutaci, Signore, a guardare a te, che vivi da uomo senza mai trasmettere morte, a capire come liberare la vita in questa vita, a vivere sapendo che il nostro orizzonte è la figliolanza con Dio – e che lì sta la vita eterna, quella che non muore.
Suore Ausiliatrici
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che modo mi sento chiamato a testimoniare la resurrezione?
In quali circostanze sento la tentazione di credere in un dio dei morti?
In quale luogo della mia vita mi sento davvero figlio di Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Novembre
2019
La vita è vivere da figli!
commento di Lc 20,27-38, a cura di Lorena Armiento s.a.