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Amare, non è donare qualche cosa, ma soprattutto donare qualcuno. Tu amerai se ti donerai o se ti unirai interamente ai tuoi doni, anche i più materiali.
Michel Quoist
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 14,12-14)
In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Mi lascio ispirare
Oggi ci troviamo ancora una volta ad ascoltare Gesù seduto a tavola. I discorsi che Gesù pronuncia e i gesti che compie in occasione di un pasto sono particolarmente importanti, a tal punto che la situazione stessa qui diventa paradigmatica di un modo di intendere il mondo delle nostre relazioni. Perché il gesto antico e sempre nuovo di invitare qualcuno alla propria tavola rivela uno stile: se non dice tutto, certo dice molto.
La proposta di Gesù è spiazzante, ribalta ciò che ci aspetteremmo: Gesù suggerisce di escludere le persone care, con cui si ha comunanza di storia, di interessi e di affetti, per aprire le porte agli estranei, e specifica che siano i fragili, gli esclusi, i deboli.
Pare strano che proponga ai suoi discepoli un modello di indifferenza affettiva che egli per primo in molte occasioni non volle per sé. Piuttosto sembra mettere in gioco una capacità di chi invita: la capacità di rinunciare al giusto contraccambio per aprirsi alla novità destabilizzante delle relazioni gratuite.
Gesù non chiede di rinunciare agli affetti e alle relazioni con le persone care, chiede di rinunciare ai criteri che ci chiudono nel già noto, che non ci permettono di agire come “portatori di dono”. Come i magi di fronte all’assurdo di un bimbo nato e avvolto in una mangiatoia.
Solo la paradossalità del gesto di un invito assolutamente a fondo perduto ci libera dalla logica degli osti. E ci apre all’esperienza che Gesù stesso è e vive, di essere “latore di una Buona Notizia”, di essere dono.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale luoghi della mia vita sono chiamato a “offrire pranzi o cene”?
Qual è la novità che desidero?
Qual è il sapore che ho sperimentato l’ultima volta che non ho fatto “i conti dell’oste”?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
4
Novembre
2019
Osti o re magi?
commento di Lc 14,12-14, a cura di Diego Mattei SJ