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Non appena comincerai a dire «Signore, non so fare orazione», sii certo che avrai cominciato a farla.
San Josemaria Escrivà
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 11,1-4)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
Mi lascio ispirare
I discepoli sapevano perfettamente come pregare, avevano i Salmi e tutto un ricco formulario di preghiere e pratiche. Eppure, vedendo pregare Gesù capiscono che ci può essere molto di più. Gesù non ha detto una parola: la sua vita quotidiana di relazione col Padre rimanda le persone che ha intorno ad un oltre, le mette in discussione.
Come sarebbe bello avere il coraggio di quel discepolo, che ammette di non saper pregare, rinuncia ai suoi modelli e riparte dalla domanda dei bambini: «come si fa?». Forse è questo lo sbilanciamento che il Signore aspetta da noi per iniziare ad educarci (nel senso di ex-ducere, condurre fuori).
E in fondo tutta la preghiera che ci è donata dice di questo lasciar fare a Lui, perché si compia in pienezza nella nostra vita, ogni giorno, dandoci né più né meno del pane quotidiano. Questa insistenza sul qui ed ora pare fatta apposta per tranquillizzare le nostre ansie di non avere o essere abbastanza, di accumulare e programmare il più possibile. E se i nostri occhi rischiano sempre di ricadere su quello che manca, allora proviamo a volgerli verso quel che c’è di bello.
Soprattutto nelle relazioni con gli altri: l’unico verbo del Padre nostro che ha per soggetto noi che pronunciamo la preghiera è “perdoniamo”. Che forse vuol dire “io ridono me stesso a te, nonostante tutto”, combatto con tutte le forze il naturale indurirsi del cuore, che per non soffrire cerca la distanza.
Perché in fondo di un cuore che rimanga morbido (e quindi fragile) siamo noi in prima persona ad averne bisogno.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali gesti e rapporti quotidiani, di cui solitamente non ti accorgi, rendono la tua giornata migliore?
Quale “grazie” senti di dire, oggi?
In quale luogo della mia vita c’è bisogno che io faccia un passo verso l’Altro?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Ottobre
2019
Come si fa?
commento di Lc 11,1-4, a cura di Comunità Centro Poggeschi