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Noi non possediamo nulla al mondo, perché il caso ci può togliere tutto tranne il potere di dire “io”.
Simone Weil
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 12,13-21)
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Mi lascio ispirare
Possedere è il modo più immediato con cui diciamo a noi stessi di valere. Quasi che le cose di cui mi circondo abbiano il potere di aumentare il valore di quello che sono. È il nostro bisogno di individuarci rispetto agli altri che ci spinge a circondarci di oggetti cui releghiamo il compito di custodire la differenza. Più possiedo cose esclusive, più penso di distinguermi dalla massa. A seconda dell’età, della cultura, dello stato sociale fino ai nostri schemi mentali e ai gusti personali, cambiano le cose con cui stabiliamo uno stretto legame simbiotico. E non si tratta solo di cose materiali: potrebbero essere anche relazioni, situazioni, attitudini, qualità.
Cosa c’è di male nel possedere? Nulla, se non fosse per il fatto che finiamo per identificarci nelle cose stesse che possediamo. E quando succede, soffriamo nel caso in cui vengono meno. Perché ci sembra che ci venga strappato qualcosa che ci definiva in modo univoco. Ci sembra di essere “un po’ di meno”. E attraversiamo una vera e propria situazione di lutto. L’attaccamento agisce sul modo in cui mi percepisco, non sul modo in cui veramente “sono”. La percezione di chi sono influenza il mio modo di stare al mondo. Eppure, di questi legami non possiamo farne a meno. Sarebbe utopico pretendere di non averne.
Il racconto di Gesù è un suggerimento per imparare a conoscere i miei legami illusori e diventarne consapevoli. Non si tratta di eliminare i legami, bensì di depurarli dall’illusione che inducono: quella che il mio essere non ha valore in sé. Il valore di una persona non si misura dal suo smartphone, dalla casa o dal conto in banca. Neppure dalla sua intelligenza, dalla bontà o da quello che fa. Il suo valore scaturisce piuttosto dal cammino di purificazione che intraprende per riordinare questi legami verso il bene che possono generare. Ovvero, nel diventare sempre più umano.
Detto in altri termini, ciò che chiamiamo “salvezza” è un processo che libera l’uomo dalla sofferenza inutile che deriva dal pensiero di dover conquistare l’amore che mi spetta. La liberazione si radica nel riconoscersi amati per il solo fatto di esistere. Quando tocchiamo questa consapevolezza, possiamo lasciare andare i legami disordinati e respirare a pieni polmoni il gusto unico dell’essere: è il momento in cui recuperiamo la nostra relazione originaria con Dio. Tante ansie e paure svaniscono e iniziamo a vivere alla grande perché ci rendiamo conto di non aver bisogno di queste cose per restare in vita.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono i miei attaccamenti (oggetti, persone, situazioni, pensieri, ricordi) disordinati?
Cosa mi sembra aggiungano di più al mio essere?
Come mi sentirei se non avessi quell’attaccamento?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
4
Agosto
2019
Essere o avere?
commento di Lc 12,13-21, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ