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Il problema della finzione è che deve essere credibile, la realtà invece raramente lo è
Isabel Allende
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 20,1-2.11-18)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Mi lascio ispirare
Maria arriva al sepolcro e vede la pietra spostata. Torna indietro da Pietro e dall’altro apostolo raccontando la sua interpretazione dei fatti: “hanno portato via il Signore!”. Poi torna al sepolcro e piange per la scomparsa del corpo del suo maestro. Per due volte Gesù le pone la domanda: “Perché piangi?” e per due volte Maria ribadisce la sua convinzione. La sua attenzione è rapita dalla convinzione che qualcuno le ha portato via il suo Signore. Per quanto plausibile possa suonare questa sua interpretazione, non è la realtà dei fatti. Maria si dispera a partire dal pensiero che si è fatta sulla realtà. Poco importa se Gesù sta di fronte a lei e le parla da vivo. E’ così concentrata ad aggiustare la realtà a partire dalla sua credenza che presta credito al suo pensiero sulla realtà, più che all’esperienza che sta facendo della realtà.
Quante volte capita anche a noi di soffrire, lamentandoci che qualcosa – o qualcuno – ci è stato tolto. Ribadire ad alta voce l’ingiustizia subita è il modo che abbiamo per stare dentro la disperazione del momento. Viviamo con un certo compiacimento il fatto di poter chiedere un risarcimento. Come se per un momento ci concedessimo l’opportunità di regredire all’infanzia e reclamare il nostro diritto di essere accuditi. In realtà, non facciamo altro che rinchiudere noi stessi in un sepolcro che difficilmente è accessibile dall’esterno.
Gesù la chiama per nome: “Maria!”, come per richiamarla dall’oltretomba. Quel nome vibra nell’aria come un richiamo a tornare alla vita, cioè al suo presente. E’ un comando quasi ipnotico che la risveglia dal torpore in cui era caduta e la riporta dentro l’esperienza che sta facendo proprio in quel momento. Riconnettendosi con la realtà, ora può vedere davanti a sé quello che le sue aspettative non osavano nemmeno sperare: il suo maestro vivo e vegeto. Altro che un cadavere in decomposizione! Questo è ciò che ci succede quando riprendiamo contatto con la realtà che stiamo vivendo. Risorgiamo a vita nuova, prima inimmaginabile. Perché la resurrezione di Gesù non è solo la sua resurrezione, è sempre anche la nostra.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali situazioni stai vivendo come mancanza o ingiustizia subita?
Come sai che la tua interpretazione dei fatti è vera e non te la stai raccontando?
Chi sta pronunciando il tuo nome, richiamandoti a riconnetterti con la realtà?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Luglio
2019
Credere alla realtà
commento di Gv 20,1-2.11-18, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ