Ph. Matteo Suffritti SJ -
L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare.
George Bernard Shaw
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 11,28-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Mi lascio ispirare
A guardare da vicino, il Signore ci spiazza ancora. Ti senti stanco e quindi non hai più molta voglia di metterti in cammino, di fare altra fatica? L’invito che Gesù ti rivolge è a muoverti, a non bloccarti nella situazione in cui adesso ti trovi, a venire verso di lui. Ti senti e ti riconosci “un oppresso””, uno schiacciato dal peso della vita? Il Signore non si spaventa a usare proprio con te l’immagine del giogo. Un giogo che lui descrive come dolce, leggero, un ristoro. Come fa a dire così? Forse lo fa perché lui per primo vive questa esperienza. Possiamo imparare da lui quello che anche lui impara sulla sua pelle.
La stanchezza spirituale e fisica non è forse la condizione ultima del figlio di Dio. Gli viene donato di continuare a camminare, anche lì dove tutto sembra irrimediabilmente finito. Non è una questione di forza di volontà, ma la possibilità di accogliere il dono di essere rialzato. Accogliere il dono gratuito di Dio con dolcezza, con gratitudine, con mitezza.
Il peso oggettivo dell’oppressione, dell’ingiustizia, del peccato è qualcosa che sta a cuore a Dio. Lui è già all’opera, anche prima di te. Tu che ti sentivi solo nella tua oppressione puoi trovare in lui un compagno fedele, un amico prezioso. Qualcuno che non si arrende alla prima difficoltà. Qualcuno che ti aiuta a percepire meglio la consistenza dell’oppressione che prima ti schiacciava, fino a poter guardare i tuoi vecchi gioghi con occhi diversi.
Con lui al tuo fianco l’importante non è più la percezione del peso, ma il sollievo della sua presenza. La dolcezza di sentire che lui non teme di prendere il peso su di sé, non smette di “giogare” con noi, per noi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono le stanchezze e le oppressioni che vivo o che vedo intorno a me?
Quali sono le mie strategie per affrontare queste situazioni?
Il Signore mi invita a sceglierlo come compagno di giogo. Che sentimenti provo? Anche un po’ di dolcezza e di sollievo?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
18
Luglio
2019
A che giogo giochiamo?
commento di Mt 11,28-30, a cura di Matteo Suffritti SJ