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Non è il cammino che è difficile, è il difficile che è il cammino.
Sören Kierkegaard
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 10,34–11,1)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
Mi lascio ispirare
I facili entusiasmi della sequela apostolica vanno ben presto mitigati. Gesù è molto esplicito nel mettere in guardia sulle conseguenze delle relazioni, anche quelle più profonde e familiari, quando si sceglie di seguire lui.
E quando si segue lui, tutte le priorità vanno ricalcolate, rimesse in gioco, anche se ciò potrebbe costare contrarietà, ostracismo, “spada”, come scrive Matteo. Non è un prato fiorito, la sequela; o, per lo meno, non soprattutto. La possibilità della persecuzione, dell’allontanamento dalle relazioni è messa in conto senza mezzi termini.
Gesù non nasconde ai suoi – e a noi che oggigiorno penseremmo che certe cose siano superate, salvo poi ascoltare quasi giornalmente di uccisioni e persecuzioni in parecchi luoghi del mondo – che tutto questo è parte del portare la croce, è parte dell’essere testimoni credibili del vangelo. E non è per niente fuori luogo che questa scelta voglia dire anche perdere la vita per lui, ma che in realtà è un trovarla; mentre proprio l’opposto significa perderla.
Siamo – forse non ci piace sentirlo dire, ma è così – al rovesciamento dei criteri mondani. Perdersi per ritrovarsi, portare la croce per regnare, mettersi dietro invece di essere primi. Dietro di lui, è questo ciò che dà senso all’essere discepoli. Niente altro.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali priorità sei chiamato a ricalcolare, oggi?
In cosa sei chiamato a portare la croce?
Per cosa chiedi al Signore il coraggio di perdere la vita?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
15
Luglio
2019
Dietro di Lui
commento di Mt 10,34–11,1, a cura di Lino Dan SJ