Photo by Vince Fleming on Unsplash -
Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione.
Platone
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 13,16-20)
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
Mi lascio ispirare
Qual è il mio posto, quale è il nostro posto, quello che ci si addice veramente, che ci calza a pennello, quello di cui diciamo tra noi e noi “questo sembra fatto apposta per me”?
Abbiamo da poco vissuto il memoriale della Passione-Morte-Risurrezione di Gesù. I cristiani credono e vivono (o dovrebbero vivere) di questo evento – che è evento di salvezza per tutti. Ma la salvezza è un “posto”? No, la salvezza non è un luogo, somiglia piuttosto ad un cammino, ad un incontro tra i tanti che si rivela decisivo: la salvezza si apre e inizia con l’accoglienza di qualcuno.
Nella nostra mente, nel cuore, nello specchio nel quale ci riflettiamo per dirci chi siamo, noi un posto ce lo diamo: è il luogo in cui ci collochiamo rispetto a Dio, agli altri, a noi stessi. È il gioco che facevamo da bambini, il gioco più vero di tutti: facciamo che io ero il re, tu il soldato, tu la principessa, tu la scienziata, lui il super-eroe, lui… Da grandi, ovviamente, il gioco si raffina: si dissimula, via via si confonde; diventa serietà, diventa lavoro, diventa, nei casi più tristi, vita.
Gesù spariglia le carte, divinamente: lui nel gioco è quello che lava i piedi! E ci dice che noi, inviati o servi, non siamo più grandi di lui che ci invia. Ecco il nostro posto, fondamento della nostra felicità più intima: fare qualcosa per il sollievo degli altri, con amore, con intenzione, senza altezzosità. Chi “alza contro di me il calcagno” si mette inevitabilmente in una posizione più alta, per schiacciare; chi lava i piedi sta inevitabilmente in basso, per rendersi utile, servo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come mi dispongo davanti al Vangelo di oggi? Con che animo mi avvicino alla Parola?
Qual è il Gesù che seguo?
Fino a che punto ho accolto il Gesù della Parola nel mio modo di credere, di vivere, di collocarmi tra gli altri, con Dio stesso, con me stesso?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
16
Maggio
2019
Gioco di ruoli
commento di Gv 13,16-20, a cura di Andrea Piccolo SJ