Pablo Gonzales Trejo -
Basta un mal di denti per non farci credere nella bontà del Creatore.
Fernando Pessoa
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 13,1-9)
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Mi lascio ispirare
Episodi di vita quotidiana, dove è facile pensare che sia Dio l’autore della sofferenza o della morte. Spesso attribuiamo a Lui la responsabilità delle tragedie che ci colpiscono, come se Lui avesse realmente un’intenzionalità masochista verso di noi e decidesse di far accadere delle cose in base a come ci comportiamo. Questo accade tutte le volte in cui non accettiamo ciò che viviamo oppure quando diciamo con aria rassegnata quel: “sia fatta la tua volontà”, che lascia intendere una sottomissione forzata a un fato ostile, oppure rimandiamo al futuro la comprensione di quello che sta accadendo addossandoci il fardello della nostra non comprensione nel presente. Il pensiero che Dio in fondo non voglia il nostro bene e persegua un suo fine a noi sconosciuto è talmente radicato in noi che non appena la realtà non funziona secondo le nostre aspettative, ci sentiamo in diritto di rimanere scandalizzati e indispettiti.
Vivere la vita in questo modo si trasforma presto in una non-vita, perché ci condanniamo a rimanere in balìa di un’ansia atavica che fa sentire soli nell’affrontare la drammaticità della vita. Ci affanniamo nel “carpe diem” o ci impediamo di gustare fino in fondo quello che stiamo vivendo nel timore che improvvisamente ci venga tolto. Da questa immagine distorta di Dio nasce il nostro sguardo degradato sulla realtà e finiamo per percepire la vita come qualcosa da dover strappare giorno per giorno a una forza oscura.
Gesù racconta una parabola per ricentrare la nostra immagine di Dio. Attraverso il racconto ci fa comprendere come lui si pone dentro questa nostra visione distorta di Dio e cerca di scardinarla. Di fronte al tale che possiede la vigna e che quindi può disporre a suo piacimento della vita del fico, il vignaiolo è colui che intercede perché questo fico possa ancora vivere. Si assume la responsabilità di prendersene cura, finché non produrrà frutto. Gesù incarna quel Dio che non chiede conto dei risultati, ma si mette al nostro fianco per aiutarci a diventare generativi secondo le nostre piene potenzialità.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Per cosa tendi a incolpare Dio nella tua vita?
Di cosa non vuoi assumere la responsabilità di quanto vivi?
Come il Dio di Gesù Cristo ti restituisce a te stesso per generare frutto?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
24
Marzo
2019
Fede negativa
commento di Lc 13,1-9, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ