-
Fedeli al duro accordo
non ci cerchiamo più.
Così i bambini giocano
a non ridere per primi
guardandosi negli occhi
e alcuni sono così bravi
che diventano tristi
per la vita intera.
Michele Mari
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Mi lascio ispirare
Quante volte anche noi abbiamo provato a fissare negli occhi qualcuno cercando di non ridere.
Quante volte abbiamo avvertito la tristezza e il dolore della lontananza, quante volte, forse più dolorosamente, abbiamo deciso che «ritornare» non valesse la pena e questo ci ha reso tristi. La tristezza che nasce dalla lontananza ha come causa profonda il voler appropriarsi di ciò che non possediamo e rifiutare la relazione che ci costituisce, la relazione che ci fa sentire amati.
Il figlio più giovane sceglie una libertà apparente; il fratello maggiore, invece, sceglie le sicurezze di casa, resta in luoghi familiari anche se noiosi, con tutte le comodità del caso. Ma anche lui, come il più giovane, vive una libertà apparente. Entrambi hanno enormi possibilità ma non riescono ad utilizzarle, viverle, realizzarle. Per entrambi il Padre uscirà invitando a «ritornare». Questo Padre è lì in attesa del figlio che si è allontanato e per lui non conta quanto tempo dovrà aspettare.
Il figlio che si è allontanato trova il modo più bello e semplice per entrare: torna indietro. Con Dio basta semplicemente tornare a casa, non importa per quale motivo torni: la fame, il freddo, le comodità, il senso di colpa… a Dio basta che facciamo quel primo passo verso casa e poi il resto lo fa lui. E nulla lo commuove di più del vederci tornare verso casa. Questo basta per ricominciare. L’amore non tollera indugi e quel figlio tornato deve subito capire che nulla è cambiato: per il padre è ancora il figlio amato e quella è casa sua.
La parola «misericordia» in greco traduce la parola ebraica rakamim che vuol dire «utero materno»: l’essenza di Dio Padre è che è Madre, è utero. Amore che accoglie, braccia che abbracciano. Un grande utero che nonostante i nostri mille tradimenti e fughe si rifiuta di allontanarci e ci dona anzi vita, ci invita ad amare allo stesso modo.
Liberati dal male, trasformati nel profondo, viviamo una nuova esistenza che è fiducia e libertà. E allora sentiremo anche noi la musica che accompagna la gioia della festa e inizieremo a danzare la vita.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Da quali persone o situazioni ti sei allontanato?
Qual è il primo passo che puoi fare?
E tu sei pronto ad accogliere?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Marzo
2019
Ritorna!
commento di Lc 15,1-3.11-32, a cura di Claudio Rajola SJ