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Se c’è a questo mondo una persona che noi possiamo toccare totalmente, senza vergognarci, non moriremo mai di solitudine.
Leo Buscaglia
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 3,7-12)
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
Mi lascio ispirare
Chissà come viveva Gesù quel sentirsi toccato da tanti mani? C’è modo e modo di toccare. Dal modo in cui si è toccati si capiscono molte cose del vissuto da cui proviene la persona che sta toccando.
C’è chi spinge, strattona, tira verso di sé: c’è una voracità, un’afflizione, un bisogno di attenzione, di essere visti, che l’altro sia tutto per me, in modo esclusivo. Forse la persona sta soffrendo davvero molto e non sa come uscirne. Chiede aiuto in modo esagitato perché disperata.
C’è chi ha la mano pesante, palpeggia, pizzica: c’è bisogno di contatto fisico, di sentire l’altro presente, di stare connesso con una sorgente che dà sicurezza, come se la trasmissione dell’energia vitale avvenisse per conduzione, come se rimanendo in contatto si ereditassero le stesse qualità che l’altro possiede e che permettono di vivere meglio.
C’è infine chi sfiora, accarezza, usa delicatezza e gentilezza: è chi cerca l’incontro delle anime, l’intimità, lo sguardo. Il tocco si fa carezza, c’è una tensione tra il ricercare la presenza dell’altro e l’offrire la propria presenza per l’altro nel gioco della reciprocità. Più un bisogno di toccare, è un desiderio di comunione.
Gesù di fronte a tutto questo non rifiuta nessun tocco. Perché guarda la folla come fosse un’umanità neonata che riconosce il suo creatore e cerca di afferrarne il dito. Reagisce invece con decisione contro gli spiriti impuri che pretendono di “sapere” chi è lui, e azzeccano la risposta, ma lo vedono a distanza e si guardano bene dal toccarlo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Se ti trovassi tra la folla davanti a Gesù, come lo toccheresti?
Quale vissuto rivela il tuo tocco?
Quale grazia ti viene da chiedere oggi al Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
24
Gennaio
2019
Toccare il cielo con un dito!
commento di Mc 3,7-12, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ