Che strana macchina è l’uomo. Gli metti dentro lettere dell’alfabeto, formule matematiche, leggi, e doveri ed escono favole, risate e sogni
Fabrizio Caramagna
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 3,1-6)
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Mi lascio ispirare
La parola di Dio sceglie dove stabilirsi. Non va dai potenti della terra, non calcola la convenienza di insediarsi nei centri di potere politico e religioso per diffondersi in modo più agevole. Si posa piuttosto su Giovanni, uomo semplice, persino un poco strano per i nostri gusti. È un tizio che per la sua stravaganza facilmente lo si tiene alla larga perché non si conforma alle masse. È un uomo che sta nel deserto, luogo di solitudine, luogo del silenzio, luogo dove devi lottare ogni giorno per rimanere in vita. È un uomo che interpella e provoca.
E in noi, dove abita la Parola? Proprio in quelle parti che assomigliano a Giovanni: stravaganti, strane, uniche. Sono quelle parti di noi che noi stessi facciamo fatica ad accettare, ad accogliere e che quindi tendiamo a escludere, a relegare nel deserto dell’inconscio; quelle parti che ci vergogniamo a mostrare in pubblico perché “chissà cosa penseranno di me”…
Giovanni rappresenta quelle parti che in noi sono genuine, non contaminate. Quelle parti che non sono disponibili a scendere a compromessi, che non sono disposte a cedere alla logica del servilismo, che non compiacciono nella speranza di ingraziarsi i favori di chi sta intorno. Sono le parti più vere e vitali, che custodiscono la nostra energia pura, il gusto della vita. La Parola prende dimora lì dove siamo più veri. E da lì ci chiama, per permettere anzitutto a noi stessi di vedere quelle parti, che sono la nostra bellezza, nella nostra unicità.
Quando questo accade, è il Signore che arriva. Ogni valle è colmata e ogni burrone viene riempito: impariamo a vederci come Lui ci vede. Non abbiamo più bisogno di percorre vie tortuose e complicate, ora mettendoci in mostra, ora nascondendoci: semplicemente possiamo permetterci di essere quello che siamo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali parti di te custodiscono il gusto della vita?
Cosa succede quando le contatti?
Cosa succede quando le perdi per strada?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Dicembre
2018
La bellezza che abita dentro di noi
commento di Lc 3,1-6, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ