Avidità e pace si escludono a vicenda.
Eric Fromm
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 12,13-21)
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Mi lascio ispirare
Che cos’è un’eredità? È qualcosa che non ci si guadagna, ma che si riceve per il semplice fatto di essere figli di qualcuno.
A volte rischiamo di fissare lo sguardo sul dono e di dimenticare il donatore: la vita diventa allora tutta una rincorsa all’avere e ci illudiamo che certi doni (l’amore, l’amicizia, il successo, il senso della vita, la soddisfazione) si possano e si debbano ricevere per merito.
Facciamo, progettiamo, organizziamo, ci spendiamo nel lavoro, nello studio, nelle relazioni, ci mettiamo tutta l’energia che abbiamo: ma poi vogliamo quello che ci spetta, e se non arriva, entriamo in un vortice di insoddisfazione sempre più grande.
Presi da questo loop, Dio diventa il giudice che deve farci giustizia, deve darci ciò che meritiamo; se non lo fa, ecco che arrivano la delusione, la rabbia, il rancore. Ci sentiamo soli e abbandonati, e la promessa di una vita piena sembra qualcosa per noi irraggiungibile, o peggio una bugia.
Raccontando questa parabola, Gesù rivela tutta la falsità di questa logica: niente di quello che possiamo accumulare potrà mai rispondere al nostro bisogno di amore, al nostro desiderio di una vita piena! Dobbiamo tornare a monte, e ricominciare non da quello che abbiamo, ma da quello che siamo: figli amati di una Madre che ci ama con tutta la sua tenerezza.
Solo da figli amati la nostra vita prende senso e il nostro fare diventa un costruire.
Solo da figli amati il presente diventa un dono da gustare, e il futuro smette di essere un peso che incombe sulle nostre scelte.
Solo da figli amati gli altri smettono di essere dei rivali con cui dover dividere, e diventano dei fratelli messi accanto a noi per farci vivere la bellezza del condividere.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali doni il signore ti sta regalando?
In che circostanze senti che Gesù ti invita a guardare a Dio come un padre pieno di amore e non come un giudice?
Quali pesantezze senti di dover affidare al Signore? Dove senti oggi di doverti riscoprire figlio amato?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Ottobre
2018
Essere o avere?
commento di Lc 12,13-21, a cura di Caterina Rapini