Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continua,
e che tu puoi contribuire con un verso.
Walter Whitman, O me! O vita!
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 8,27-35)
Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: “La gente, chi dice che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti”. Ed egli domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Mi lascio ispirare
“Chi sei”? Domanda assai difficile se la prendiamo nel senso più profondo e non come una semplice domanda di circostanza. Ci porta obbligatoriamente a confrontarci con il dialogo interiore: “chi sono”? L’identità non è cosa semplice: quante volte alla domanda “chi sei”? abbiamo risposto in modi diversi, parzialmente incoerenti almeno secondo una certa logica… Il “chi sono” mi sfugge perché comprende il “chi sono stato” e il “chi sarò”. Gesù lo sa bene e vuole insegnarlo ai suoi discepoli (che siamo noi). “Tu sei il Cristo”: affermazione di identità chiara, definita, statica; un’istantanea. Ma il brano di oggi continua. Gesù introduce nella propria identità il movimento: il Cristo deve soffrire, essere rifiutato, essere ucciso. In pratica “il Cristo” non è un’icona, un personaggio, un mito, un titolo ma una missione da accettare e da vivere, di cui farsi carico (prendere la croce).
Gesù sta insegnando ai discepoli come si vive perché il “chi sono” è profondamente legato al “come vivo” a cosa metto di mio in quello che la vita mi presenta. Gesù si trova davanti odio, sofferenza, rifiuto, morte e non li scansa ma li trasforma: ama attraverso di essi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Davanti a Gesù “chi sono io”? Come mi vedo? C’è una parte della mia identità che è in qualche maniera legata alla sua?
Pietro fa difficoltà ad associare la figura del Cristo alla sofferenza e alla debolezza: questo cosa dice a me?
Cosa può significare nel mio caso concreto “perdere la propria vita”?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
16
Settembre
2018
La fatica dell’identità
commento di Mc 8,27-35, a cura di Andrea Piccolo SJ