Un simbolo può dirsi vivo solo quando è, anche per chi l’osserva, l’espressione migliore e più alta possibile di qualcosa di presentito e non ancora conosciuto. Solo cosi… esso giunge a generare e promuovere la vita.
Carl Gustav Jung
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 6,1-6)
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Mi lascio ispirare
Lo stupore apre alla meraviglia quando il cuore si lascia interpellare dall’esterno. È quella sensazione di sperimentare qualcosa “di nuovo”: nel senso di “prima volta” e contemporaneamente di “ancora una volta”. È questa tensione che apre alla comprensione unificata di sé, del mondo e di Dio. Come essere catapultati alle origini e scoprirsi a casa, in relazione con il tutto.
Parimenti, il cuore diffidente, lascia entrare lo stupore ma non lo custodisce come tensione, bensì lo dirotta immediatamente su uno dei due poli. E allora la novità viene razionalizzata a un qualcosa di già visto, oppure, all’opposto viene guardata come totalmente inedita, a tal punto da far paura. In ogni caso, l’energia emotiva generata dallo stupore si esaurisce in domande che ci illudono di andare in profondità ma in realtà la anestetizzano in modo che la sua portata non possa scalfirci. Di fronte a questo, nemmeno Gesù può fare miracoli: se non ci sono occhi disponibili ad andare oltre, il segno non riesce a veicolare il suo significato. E il prodigio rimane chiuso su sé stesso: “solo impose le mani a pochi malati e li guarì”.
Gesù stesso, a sua volta, rimane meravigliato per l’incredulità che vede intorno a sé. Accogliendo in sé questa meraviglia comincia a rendersi conto che i miracoli non bastano a confermare le sue parole: solo mettendoci la faccia e quindi dando concretamente la propria vita potrà aiutare ad aprire il cuore irrigidito. In questo sta l’ostinata intenzionalità di Dio di salvare tutti, costi quel che costi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale situazione ho provato stupore ultimamente?
Cosa ho visto di nuovo in quell’occasione?
In questo momento il mio cuore è aperto o chiuso?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
8
Luglio
2018
Quando guardiamo il dito e non la luna
commento di Mc 6,1-6, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ