Concedimi la serenità
di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio per cambiare quelle che posso
e la saggezza per riconoscerne la differenza.
San Francesco
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 1,57-66.80)
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Mi lascio ispirare
Nasce una nuova creatura, inizia una nuova storia. Già la sua nascita segna un cambio radicale nella vita di questi genitori, che non si aspettavano certo di generare alla loro età. A volte capita: proprio nella quotidianità fatta di abitudinarietà e di cose scontate, inaspettatamente, accade qualcosa che cambia improvvisamente le carte in tavola e costringe a prendere contatto con un nuovo orizzonte di vita. Tutto non sarà più come prima. Quando capita una cosa del genere, la tentazione è quella di addomesticare la novità per ricondurla ai propri schemi, nel tentativo di neutralizzare la sua componente sconvolgente e inedita. La novità, anche quando è bella, suscita sempre una certa paura.
Elisabetta e Zaccaria si rendono conto che sono davanti a un mistero più grande di loro. Hanno la sensazione che la vera novità deve ancora arrivare e che non bisogna chiudere in modo troppo frettoloso la comprensione di quello che sta succedendo. Impongono un nome che non è incluso nella loro tradizione familiare: il nome mai sentito annuncia una novità inedita. In quel bimbo intravvedono il compimento di una promessa che non riguarda (solo) il superamento della loro sterilità, bensì include il destino del popolo a cui appartengono. Anche i nomi in gioco lasciano trasparire un modo nuovo di mettersi in ascolto della novità. Il bimbo avrebbe dovuto chiamarsi Zaccaria, che in ebraico significa: “Memoria di Yahweh”. Un nome che invita a guardare al passato per cogliere la straordinarietà di questo bambino. Giovanni, invece, significa: “Dono di Dio”, che evoca una novità radicale, gratuita e indeducibile dalle condizioni di vita precedenti.
È curioso che nella lingua italiana (così pure in quella inglese e francese), la parola “dono” ha come sinonimo “presente”: come fosse l’invito all’apertura del qui adesso per accogliere incondizionatamente quello che verrà e che ancora deve essere compreso. Come a dire che noi proveniamo dal nostro passato, ma è rimanendo aperti nel presente che possiamo comprendere realmente chi siamo. Il nostro Dio è un Dio che sa sorprendere sempre. L’unica condizione che chiede è la disponibilità a rinviare la costruzione del senso per gustare fino in fondo il dono ricevuto. Il mutismo imposto a Zaccaria è la via per creare quella condizione di silenzio dentro di sé e contemplare la novità che sta accadendo sotto i suoi occhi per accogliere in modo incondizionato il qui e ora che sta avvenendo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quale novità si sta presentando nel tuo presente?
Come ti stai preparando ad accoglierla?
Cosa significa per te accettare la realtà, così come si presenta?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
24
Giugno
2018
Accogliere la novità con cuore aperto
commento di Lc 1,57-66.80, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ