La felicità è un modo di vedere.
Ugo Ojetti
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 16,16-20)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Mi lascio ispirare
A volte il nostro desiderio e bisogno di possesso diventa ciò che guida anche il nostro sguardo. Vogliamo vedere il Signore, la sua presenza concreta, altrimenti la nostra fede vacilla, ci coglie il dubbio se davvero Dio esiste o è solo una fantasia. Vedere il Signore diventa quasi un volerlo possedere, farlo diventare una nostra proprietà di cui disporre a nostro piacimento. Ci sentiamo come un bambino piccolo che, quando non vede più la mamma, crede che non esista più. Ma il Signore è proprio come una mamma amorevole con il suo bambino: ci insegna che Lui è sempre presente, anche quando non lo vediamo, anche quando non lo sentiamo. Lui ci educa alla fede, ci invita a saperlo trovare anche nelle situazioni più difficili, quando per “un poco” non lo vediamo o non riusciamo a vederlo.
Il Signore ci invita a saper vivere con speranza e fiducia il tempo di attesa, anche quando come un bambino piccolo pensiamo che Lui non ci sia più. Solo nella certezza della fede, sapremo trasformare l’assenza in desiderio di incontro, l’attesa in tempo di crescita, l’incontro in tempo di gioia vera e profonda.
Chiara Selvatici s.a.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che occasione l’attesa mi ha reso impaziente e insofferente? Quando l'ho invece vissuta come un’occasione di crescita del desiderio?
Quando sono stato capace di vedere il Signore trasformare la mia tristezza in gioia?
Ho sperimentato la gioia profonda che viene da qualcosa di atteso a lungo?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Maggio
2018
Oltre di Gioia
commento di Gv 16,16-20, a cura di Rete Loyola (Bologna)