È durante la tempesta che conosciamo il navigatore.
Lucio Anneo Seneca
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 6,16-21)
Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
Mi lascio ispirare
I discepoli, dopo aver aspettato invano che Gesù scendesse dal monte, si avviano al mare e salpano. È buio e il mare è agitato: con poche parole Giovanni ci fa comprendere la situazione che stanno vivendo. Si stanno allontanando da Gesù, stanno ritornando a Cafarnao, verso la loro vita di sempre. Quei cinque o sei chilometri che hanno già percorso dicono tutta la distanza che stanno prendendo da lui. Seguire questo maestro, del resto, è impegnativo e non sempre lo si capisce. E il cuore finisce per raffreddarsi.
Anche a noi capita talvolta di trovarci in mezzo al turbinìo della vita, nella confusione, nella ambiguità degli eventi. Anche a noi spesso capita di vedere il buio intorno e avere la sensazione che il Signore sia da un’altra parte e non si stia prendendo cura di noi. E allora il nostro animo si intorpidisce e regrediamo alla solita vita. Recuperiamo in fretta uno sguardo cupo e opaco. È il momento della desolazione.
Poi si avvicina Gesù e all’inizio lo guardiamo con sospetto. Ci sembra un estraneo. Presi come siamo a rimanere a galla nella nostra meschinità, non scorgiamo il suo volto rassicurante, non ci interessa la sua proposta di vita piena. Ci basta meno. Ci basta sopravvivere. La sua presenza anziché rasserenarci ci spaventa. Facciamo fatica a comprendere cosa vuole da noi.
E lui, con pazienza infinita, riapre alla speranza. Si presenta con quel “Io sono”, che nel linguaggio giovanneo dice la gloria di Dio che si manifesta. La memoria delle origini si riattiva. L’eterno presente viene riconosciuto e smette di apparire come minaccioso perché assume un volto amico. Gli affetti si muovono e Gesù viene accolto sulla barca. Un Dio umile il nostro, che non pretende di essere adulato, semplicemente chiede di salire sulla barca con noi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è l'ultima burrasca che hai attraversato?
Come hai riconosciuto il Signore che si avvicinava?
Cosa ti ha lasciato quell'esperienza?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Aprile
2018
Avanti tutta!
commento di Gv 6,16-21, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ