Qual è il compito della filosofia? Indicare alla mosca la via d’uscita dalla bottiglia
Wittgenstein
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 20,19-31)
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Mi lascio ispirare
Parafrasando Wittgenstein, potremmo dire che il compito del Risorto è indicarci la via per uscire dai luoghi in cui ci siamo chiusi, dalle bottiglie esistenziali in cui siamo finiti, magari attratti dall’odore del mosto. Sono le situazioni in cui ci si siamo infilati, dove siamo rimasti ingabbiati, e ora magari ci avventiamo contro le pareti della bottiglia senza trovare una soluzione ragionevole.
Anche i discepoli del Vangelo sono rimasti chiusi dentro il Cenacoloe non sanno più come uscirne. Il Cenacolo è diventato il rovescio del sepolcro: se il sepolcro è aperto e da luogo di morte è diventato luogo di vita, il Cenacolo è chiuso e da luogo in cui Gesù ha dato la vita è stato trasformato in luogo di morte.
Perché ci siamo chiusi dentro?
Forse come i discepoli abbiamo paura, paura di essere giudicati, paura di fallire, paura di rimanere delusi.
Ma Gesù non si rassegna davanti alle porte chiuse. Anzi, neanche le porte chiuse del nostro cuore riescono a tenerlo lontano da noi. Nelle apparizioni pasquali, Gesù visita i discepoli di sera, quando la notte si avvicina, come per assicurarci che, nella notte che sopraggiunge, non siamo soli.
Molte volte quello che ci tiene chiusi dentro è il rancore, la rabbia, a volte persino l’odio. La via per uscire dalla bottiglia, dice Gesù, è il perdono. Solo il perdono riporta la pace nel cuore. Il perdono è come un soffio: lascia andare, non trattiene. Le porte del Cenacolo si possono aprire solo se i discepoli sono capaci di perdonare. Quando siamo arrabbiati, teniamo i pugni chiusi, tratteniamo il rancore, sbarriamo le porte del cuore. Il perdono apre, lascia andare, libera il cuore. La rabbia e il rancore trasformano il cuore in un sepolcro.
Eppure nonostante queste esperienze di liberazione, le porte del Cenacolo continuano a essere chiuse. Tommaso dubita perché non era presente quando il Risorto è entrato nel Cenacolo, ma anche i discepoli che hanno vissuto quell’esperienza sembrano continuare a dubitare: dopo otto giorni le porte sono ancora chiuse! Nonostante le esperienze di grazia che attraversano la nostra vita, il nostro cuore spesso rimane congelato.
Tommaso pensa che la soluzione sia mettere il dito nella piaga, proprio come noi, quando non riusciamo a trovare altro modo di affrontare le situazioni dolorose che quello di continuare a raccontarci ciò che è successo. Proviamo un certo gusto a tornare sulle tristezze della nostra vita.
E infatti Tommaso è detto Didimo, ovvero gemello. Sì, Tommaso ci somiglia, come lui amiamo mettere il dito nella piaga. Ma Didimo vuol dire anche doppio, e anche in questo Tommaso ci somiglia. Tommaso è doppio perché un po’ crede e un po’ dubita, ma anche perché un po’ sta dentro la comunità e un po’ se ne va. È doppio come noi, perché anche la nostra vita spirituale è fatta di fiducia e di incertezza, di appartenenza e di solitudine.
Ma nonostante la nostra incredulità, nonostante la nostra rabbia e il nostro rancore, il Risorto torna ad attraversare la nostre porte chiuse e ci spinge ad andare fuori, ad aprire le porte, affinché possiamo uscire dalla nostra bottiglia e tornare a respirare la gioia della Pasqua.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono le situazioni in cui ti senti intrappolato?
Quali percorsi il Signore ti sta suggerendo per tornare ad aprire le porte del tuo cuore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
8
Aprile
2018
E da qui come si esce? Quando la mosca è finita nella bottiglia
commento di Gv 20,19-31, a cura di Gaetano Piccolo SJ