Ognuno ha la pretesa di soffrire molto più degli altri.
Honoré de Balzac
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 5,1-16)
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Mi lascio ispirare
Un luogo dove giacciono infermi, ciechi, zoppi e paralitici: vivere in un ambiente così costringe a pensarsi continuamente malato, difettoso, inadeguato per stare insieme ai sani. E infatti la piscina è fuori dalla città. E quando la percezione diventa cronica, mi abituo a ritenere che quello è il solo luogo dove devo stare. Non penso più che la vita potrebbe essere vissuta altrove, in un altro modo.
“Vuoi guarire?” Stai scherzando vero? Che domanda stupida, scontata. Eppure per l’infermo interpellato non è così banale. La sua risposta non è un deciso: “Sì, lo voglio”. È piuttosto una lamentela verso gli altri, una pretesa che gli altri si diano da fare. Quanto spesso anche noi reagiamo così di fronte a ciò che ci toglie la serenità: preferiamo avere un pretesto per continuare a lamentarci piuttosto che assumerci la responsabilità della nostra felicità. Avere sempre una scusa pronta è certamente più comodo che prendermi cura di me stesso.
Gesù compie la guarigione immediatamente: non può sopportare che l’essere umano viva raggomitolato su sé stesso. La guarigione consiste nel riconoscere quest’uomo in mezzo agli altri, facendolo uscire dall’anonimato. Questo gesto gli costerà caro. Non solo non viene ringraziato, ma l’ex infermo va a raccontare ai Giudei che era stato proprio lui a guarirlo. A causa di ciò i giudei cominciano a perseguitarlo. Gesù guarisce, la guarigione ha un prezzo da assumere e lui non si tira indietro. Questo è il nostro Dio.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono i luoghi in cui mi rifugio e perdo la mia dignità di essere umano?
Quali sono le scuse che accampo per evitare di prendere in mano la mia vita?
Cosa si muove dentro al cuore nel vedere cosa fa Gesù per me?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
13
Marzo
2018
Basta scuse!
commento di Gv 5,1-16, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ