Nell’abbraccio – ciò che è stato spigolo, linea interrotta, groviglio – diventa di nuovo, come per miracolo, cerchio perfetto.
Fabrizio Caramagna
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Mi lascio ispirare
Mi sembra di essere in un campo diviso a metà: da un lato, un figlio lontano avvolto da una nebbia grigia che gli impedisce di vedere oltre sé, al di là della nebbia, freddo e al freddo, perché nudo d’amore; dall’altro lato, un padre che ogni giorno veglia, gli occhi puntati su un orizzonte infinito e rosso, circondato da campi dorati e vita sbocciata, vestito a festa, che sbircia nella speranza di veder arrivare il figlio e nel desiderio di accoglierlo tra le sue braccia.
Occhi lontani che guardano lo stesso orizzonte ma non si incrociano. Ad un tratto quella linea diventa luogo d’incontro. La luce calda del sole fende la nebbia, che si apre come porta tra due mondi. E il padre da lontano vede il figlio ed il figlio, nel suo cuore, il padre sorridente che lo attende.
I due campi diventano uno, una sola strada unisce sole e nebbia, padre e figlio che al ritmo dell’amore condiviso camminano l’uno incontro all’altro a braccia aperte. Non c’è spazio per le parole del figlio, non servono. È bastato il primo passo verso casa, uno sguardo attraverso la nebbia, perché il perdono fosse donato.
Quell’abbraccio d’amore tra padre e figlio è il vestito più luminoso e prezioso che si possa indossare: l’amore splendente del Padre per ciascuno dei suoi figli.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è l’orizzonte su cui vorrei sentirmi perdonato?
Quale nebbia ho visto essere diradata dalla luce del Signore?
Su quale strada scelgo di fare il primo passo verso casa oggi?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
3
Marzo
2018
Tutto in un abbraccio
commento di Lc 15,1-3.11-32, a cura di Martina Pampagnin