Quando il bambino era bambino, era l'epoca di queste domande: "Perché io sono io e perché non sei tu? Perché sono qui e perché non sono lì? Quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio? La vita sotto il sole è forse solo un sogno? Non è solo l'apparenza di un mondo davanti al mondo quello che vedo, sento e odoro?
(Damiel - Il cielo sopra Berlino)
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 8,14-21)
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane». Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non capite ancora?».
Mi lascio ispirare
Nel tempo della vita in cui ci troviamo, spesso capita di affannarci ad esser giusti, potenti, produttivi, riconosciuti e per questo affanno lievitano molti giudizi sulle cose; quello che siamo non lo troviamo a volte sufficiente a placare la nostra fame di amore, il nostro desiderio di darne.
Dio è quella voce del cuore che ci dice ancora che quello che siamo basta, è perfetto e compiuto e, siccome altro non c’è, è quanto di più desiderabile e fertile.
Avere un solo pane può risultare sconveniente sapendo di non avere altro, spezzare un solo pane vuol dire accettare di condividerlo e correre il rischio di finirlo.
Gesù è uomo della fortezza e dio della tenerezza, si da tutto, si coinvolge! Senza paura e con decisione ci accompagna a fare memoria, a guardare con occhi nuovi la nostra storia, per scoprire che solo nel limite di quello che siamo, abbiamo la possibilità di guardare oltre: egli è il primo a non arrendersi dinanzi alla nostra incapacità di comprendere, il primo ad accettare che non capiamo, il primo disposto a rimanere nel limite e quindi ad incontrarci, mettendosi al fianco con pazienza, ripetendoci con fatti e parole, chi siamo.
Vivere il miracolo allora significa rinunciare alla paura di non essere abbastanza per quello che desideriamo, vuol dire imparare ad accettare il limite, nella consapevolezza che in quel limite nasce la novità di noi stessi e degli altri, nei solchi che ci separano nasce la vita.
Oggi riceviamo l’invito a comprendere che ognuno è l’unica e sola pienezza che c’è da dare; ciò di cui abbiamo bisogno è semplicemente capirlo per poter accogliere il resto.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando nella mia storia mi è capitato di incontrare qualcuno che, nel suo essere tale, ha dato nuova luce al mio sguardo?
Quali lieviti di gloria, potere, possesso, giudizio, moralità cerco di aggiungere alla mia persona? Quale fame e quale paura nascondono?
Come mi vedo, considerando di essere esattamente tutto ciò che basta per dare vita? Come vedo gli altri sapendo che tutto quello che sono in quell’incontro è quello che possono darmi?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
13
Febbraio
2018
Quello che c’è è quello che serve!
commento di Mc 8,14-21, a cura di Mounira Abdelhamid Serra