Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità;
balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità;
diffondesti la tua fragranza,
respirai ed ora anelo verso di te.
(Agostino)
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 7,31-37)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Mi lascio ispirare
Il sordomuto è una persona che non può ascoltare la parola detta da altri e non può pronunciarla per altri. La sua condizione tocca inesorabilmente il centro del suo essere: la relazione. Parlare e ascoltare sono azioni così spontanee e abituali che tendiamo a darle per scontate. Ci permettono di entrare subito in sintonia con l’altro, di empatizzare, di accordarsi. Quando manca ascolto e parola, tutto diventa più difficile.
Il primo gesto che Gesù compie per questa persona è portarla in disparte. Per lei e solo per lei, crea un nuovo spazio di silenzio, che non ha a che fare con il solito vuoto abituale, ma sa piuttosto di un’attenzione dedicata e completa. In questo nuovo silenzio il malato si percepisce al centro di una relazione dove finalmente può sentire l’altro che si prende cura di lui. È l’inizio della guarigione: quel silenzio, che lui ha sempre avvertito come assenza terribile, ora appare come spazio possibile dove essere accolto e accogliere.
Il secondo gesto che Gesù compie ha a che fare con la fisicità che vince ogni ripugnanza: le dita nelle orecchie dell’altro e la sua saliva che tocca la lingua. Gesù entra in una relazione intima e al limite dell’imbarazzo. Sguardi e gesti si combinano per creare fiducia e confidenza. Ogni barriera viene spazzata via, ogni canale viene riaperto. “Apriti” è l’unica parola ascoltata proprio nel momento in cui viene pronunciata.
L’ironia di Gesù ci sorprende sempre: come può un sordomuto guarito non andare in giro a raccontare quello che gli è capitato? L’ammonimento di Gesù è l’invito a considerare la paradossalità della sua richiesta. L’esperienza dell’essere liberati non può rimanere taciuta. È nella sua stessa essenza l’essere proclamata e comunicata ad altri. Non un dovere, uno sforzo, ma un moto inarrestabile del cuore. Questa è la testimonianza della buona notizia!
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
A volte basta un gesto per creare relazione. Ti è mai capitato?
Quando il silenzio è spazio di incontro e quando invece crea imbarazzo?
L’entusiasmo del cuore. Quando l’hai sperimentato come gioia incontenibile?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Febbraio
2018
Apriti…
commento di Mt 7,31-37, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ