L’uomo dice che il tempo passa. Il tempo dice che l’uomo passa
(Tiziano Terzani)
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 25,31-46)
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
Mi lascio ispirare
Alla fine si dicono le cose più importanti. Alla fine, quando saluti la persona che ami sapendo che forse non la rivedrai più; alla fine di una vita, quando devi decidere come usare l’ultimo respiro che ti rimane; alla fine di un discorso, quando sai che non avrai altre possibilità per spiegarti meglio.
Abbiamo spesso la sensazione di essere alla fine, quando siamo convinti che non ci sia più speranza. Alla fine si ritrova l’essenziale, quello che conta veramente.
Questo brano del Vangelo contiene l’ultimo discorso di Gesù prima di entrare nel pieno del tempo della sua passione. Gesù parla della fine e quindi delle cose più essenziali, ma le cose più importanti sono anche le più semplici, le cose della quotidianità, il mangiare e il bere, il vestire e visitare… Di tante parole, resta questo, la profonda ed essenziale semplicità della vita.
Queste parole di Gesù sono state scelte dalla Chiesa anche per aiutarci a vivere la fine dell’anno liturgico. È la fine di un cammino iniziato nell’Avvento dello scorso anno: come un pastore, dice il profeta Ezechiele, Dio ci ha accompagnato lungo questo tempo. Ci ha condotto da qualche parte. Il cammino va verso una direzione. Siamo stati pellegrini, non vagabondi. Dio ci ha accompagnato verso una meta. La nostra vita ha un senso. La fine indica infatti anche il fine, la meta, verso cui abbiamo camminato. Quest’ultima pagina del Vangelo ci mette dunque davanti a una domanda: cosa è cambiato nella mia vita durante questo cammino? Verso dove sento di aver camminato? Sono stato pellegrino o vagabondo?
Alla fine quello che rimane sono appunto i gesti semplici, come se il senso della vita fosse fondamentalmente accorgersi dell’altro, del suo vero bisogno, senza proiettare su di lui le mie ansie o le mie ideologie.
Mi ha sempre colpito che nel dipingere le opere di misericordia, Caravaggio non si sia limitato alle sei opere descritte da questa pagina evangelica, ma ne abbia aggiunto un’altra: seppellire i morti. Ma a ben guardare era esattamente quello di cui c’era più bisogno nella Napoli del ‘600 colpita dalla peste. Caravaggio ha colto l’essenziale della misericordia: accorgersi dell’altro.
Alla fine della sua predicazione, Gesù ci rimanda a quest’unico insegnamento, come se tutto il cammino percorso con lui, avesse dovuto portarci fondamentalmente a questo, ad aprire i nostri occhi. È in questa ferialità che possiamo ritrovare Dio. Il pastore e il Re si lascia trovare nel più piccolo.
Lo scandalo o il paradosso di questo testo è proprio questo: Gesù si identifica con il più piccolo. Non si tratta dunque di accorgersi solo dell’umano, non si tratta di appiattarsi su un impegno sociale, non si tratta solo di filantropia, qui si tratta dell’essenza della teo-logia: il discorso su Dio è il discorso sul più piccolo. L’incontro con Dio è nell’incontro con i più piccoli. L’altra domanda dunque che questa pagina ci rivolge è: chi, intorno a me, in questo momento, è il più piccolo? Guarda! Perché è lì che Dio si lascia trovare da te.
Proprio nella festa in cui celebriamo Dio come Re, la Chiesa ci fa leggere una pagina in cui Dio si identifica con il più piccolo. È il paradosso di Dio. Un paradosso che ci provoca e ci interroga sul modo in cui guardiamo la storia. Qui la prospettiva è rovesciata: la storia non è guardata dal punto di vista dei potenti, ma da quello dei più piccoli. Il racconto biblico mostra spesso come Dio operi nella storia a partire da quelli che sembrano gli ultimi, le persone inutili, i servi, i bambini, gli umili.
La misericordia autentica è quella inconsapevole: quando, Signore, ti abbiamo fatto questo? La vita autentica è quella in cui siamo spontaneamente rivolti verso il bisogno dell’altro. Più la nostra vita è ripiegata su noi stessi, meno viviamo autenticamente, meno ci sentiamo realizzati come persone.
Cristo è l’uomo autentico, colui che vive pienamente rivolto verso l’umanità. Facciamo attenzione, però, perché il brano del Vangelo ci dice che si può vivere altrettanto inconsapevolmente in modo disumano! Anche coloro che non hanno mai dato un bicchiere d’acqua a chi ne aveva bisogno, non si sono accorti delle loro mancanze. Occorre educarsi, dunque, affinché la misericordia diventi uno stile di vita, affinché cioè arriviamo a riappropriaci della nostra vita.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In questo momento, chi è il più piccolo intorno a me?
Quali sono i gesti quotidiani in cui ritrovo la presenza di Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
26
Novembre
2017
Se la vita gira come una giostra senza meta
commento di Mt 25,31-46, a cura di Gaetano Piccolo SJ