Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
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“DI NUOVO” GESU’ SI TROVA ED OPERA A CANA CON PAROLA EFFICACE “Noi facciamo un altro tentativo con la verità… Orsù!” [Nietzsche] Gv 4,43-54 In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta …
Mi lascio ispirare
“DI NUOVO” GESU’ SI TROVA ED OPERA A CANA CON PAROLA EFFICACE
“Noi facciamo un altro tentativo con la verità… Orsù!” [Nietzsche]
Gv 4,43-54
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Prima di raccontare il miracolo, secondo dei segni compiuti a Cana di Galilea,l’evangelista sottolinea la gioia con cui i galilei lo accolgono, memori di quanto avevano visto operare da Gesù nel pellegrinaggio a Gerusalemme. La presenza ed il passaggio di Gesù produce gioia non solo per i segni di vita che diffonde, ma per quello che rivela della volontà di amore e vita per il mondo.
Il racconto della guarigione a distanza del figlio del funzionario regio è racchiuso tra due riferimenti al segno di Cana, che ne manifestano il significato del progredire del ministero di Gesù: <<di nuovo>> si trova ed agisce a Cana (v.46), <<di nuovo>> egli fa <<fa un segno>>, di nuovo la sua presenza provoca una richiesta di aiuto persistente, nonostante la il suo tentativo iniziale di sottrarsi e infine esaudita (vv.47-49); la presa di distanza ammonitrice di Gesù (v.48) risulta sopraffatta dalla sua percezione del bisogno e dalla fiducia di chi chiede.
Come nel caso del miracolo di Cana, nello sviluppo del racconto risultano centrali la “parola” di Gesù (è alla parola “efficace” di Gesù che il funzionario regio crede) ed il riferimento temporale del miracolo. A questa parola di vita fa seguito come immediata reazione la fede dell’uomo e del suo nucleo domestico. Ciò che viene tematizzato non è l’inadeguatezza di una fede basata su segni e prodigi, ma il manifestarsi progressivo della rivelazione di Gesù ed in lui dell’amore e della volontà di vita di Dio verso il mondo nel segno di una parola efficace sul corpo.
p. Domenico Pizzuti della comunità dei gesuiti di Scampia (NA)
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
26
Marzo
2017
27/03 #dinuovo
commento di , a cura di Rete Loyola (Bologna)